Certosa di Padula

Distante circa 70 Km dalla nostra struttura, si rivela una interessante tappa per una escursione in visita di uno dei più importanti centri culturali del sud Italia.

La certosa di Padula, o di San Lorenzo, + una certosa situata a Padula, nel Vallo di Diano, in provincia di Salerno. Si tratta della prima certosa ad esser sorta in Campania, anticipando quella di San Martino a Napoli e di San Giacomo a Capri.

Occupando una superficie di 51.500 m, contando su tre chiostri, un giardino, un cortile ed una chiesa, è uno dei più sontuosi complessi monumentali barocchi del sud Italia nonchè la più grande certosa a livello nazionale e tra le maggiori d’Europa.

Dal 1957 ospita il museo archeologico provinciale della Lucania occidentale e fu dichiarata nel 1998 patrimonio dell’umanità dall’UNESCO assieme ai vicini siti archeologici di Velia, Paestum, al Vallo di Diano e al parco nazionale del Cilento. Dal dicembre 2014 fa parte dei beni gestiti dal Polo museale della Campania. Nel 2015 ha fatto registrare 72.936 visitatori.

Paestum

Distante circa 50 km dal centro termale le Terme del Tufaro, Paestum è sicuramente una escursione da non perdere!paerstum-2

Nel 2013 scavi e museo di Paestum sono stati il ventiquattresimo sito statale italiano più visitato, con 242.218 visitatori e un introito lordo totale di 733.802,87 euro.
Nel 2015 si sono registrate più di 300.000 presenze nell’area archeologica e Museo; il 7% in più rispetto all’anno precedente.

La città di Paestum è stata abitata fin dall’epoca preistorica. Ad oriente della Basilica, nell’area prospiciente l’ingresso, si sono rinvenuti manufatti databili dall’età paleolitica fino all’età del bronzo; a sud di essa, verso Porta Giustizia, sono stati scoperti i resti di capanne, a testimonianza dell’esistenza di un abitato preistorico. Nell’area del Tempio di Cerere, e tra questo e Porta Aurea, si sono trovate attestazioni archeologiche che documentano uno stanziamento di età neolitica. In effetti sia la Basilica che il Tempio di Cerere si trovano su due lievi alture (probabilmente in epoca preistorica più accentuate), per cui si può immaginare che esse fossero occupate da due villaggi, separati da un piccolo torrente che scorreva dove oggi si trova il Foro. Forse in epoca eneolitica le due alture furono abitate dalla popolazione di origine egeo-anatolica appartenente alla facies della Civiltà del Gaudo, che poi scelse come luogo privilegiato per le sue sepolture la località Gaudo, situata a 1,4 chilometri a nord di Paestum.

La riscoperta di Paestum, di cui era rimasto solo un vago ricordo, si deve alla costruzione della strada (attuale SS18), voluta da Carlo di Borbone nel 1762, che tuttora passa per il sito archeologico e che divide in due l’anfiteatro.

Punti di interesse:
– le mura di cinta
– il foro
– il tempio di Hera I
– la Basilica

Parco archeologico di Velia

L’antica città di Elea, che deriva il suo nome dalla sorgente locale Hyele, èfu fondataè intorno al 540 a.C. da un gruppo di esuli provenienti dalla città greca di Focea, nell’attuale Turchia, occupata dai Persiani. La città, nota nel V sec. soprattuttoèè per le figure di Parmenide e Zenone, fondatori della famosa scuola filosofica eleatica,è raggiunge un periodo di grande sviluppo in età ellenistica e in gran parte dell’età romana (fine IV a.C. – V sec. d.C., quando il suo nome viene modificato in Velia. Con il Medioevo l’abitato si ritira sull’Acropoli, dove viene costruito un castello.Le strutture architettoniche della città antica sono immerse inè una vasta area di macchia mediterranea e di rigogliosi uliveti costituendo uno splendido connubio tra archeologia e natura.

Il percorso di visita, dotato di pannelli didattici, comincia dalla città bassa (A), dove gran parte degli edificiè risalgono all’età ellenistica e romana. Il vialetto d’ingresso costeggia èla cinta muraria, lungaè 5 km.,è che costruitaè già nel VI sec a.C., acquista la sua attuale fisionomia con la costruzione di circa 30 torri soltanto alla fine del IV sec a.C. per contenere l’avanzata dei Lucani. Davanti alle mura c’èè una necropoli di età imperiale (I-II sec. d.C.) di cui sono visibili sepolture individuali e recinti funerari all’interno dei quali si raccoglievano diverse deposizioni. L’accesso vero e proprio alla città avviene attraverso Porta Marina Sud che è protetta da una torre quadrangolare di cui è possibile distinguere due fasi costruttive: la prima della prima metà del V sec. a.C. riconoscibile dai blocchi parallelepipedi di arenaria posti nella parte bassa, la seconda, databile al III sec.a.C., per cui sono stati usati blocchi in conglomerato. Percorrendo via di Porta Marina, èèa destra si può vedere un edificio pubblico,costituito da un criptoportico a tre bracci, databile all’età età augustea (31 a.C. – 14 d.C. con rifacimenti nel corso del II sec. d.C. che è stato variamente interpretato come palestra, scuola medicaè o come un sacello del culto imperiale visto il ritrovamento diè numerose èerme eè statueè dedicate a medici locali e di èteste ritrattoèè della famiglia imperiale. èèL’isolato a sinistra di Porta Marina ha, invece, èun carattere abitativo e commerciale ed è costituita da almeno quattro case di età imperiale costituite da un vano centrale, con vasca per la raccolta delle acque, su cui si aprono gli altri ambienti. Svoltando a destra si prosegue verso la Masseria Cobellisèè dove è venuta alla luce un raffinato èedificio di carattere pubblico di età medio-imperiale ècontraddistinto da un impianto scenografico, su due livelli, e da un’accurata ricerca delle simmetrie. Lungo l’asse centrale dell’edificio, infatti, si disponevano un ninfeo e una vasca èdelimitate da rampe di scaleè in laterizio e rivestite con lastre marmoree parzialmente conservate.

Ritornandoè verso Porta marina èèsi costeggiano due isolati di età ellenistica eè tardo – imperiale e si arriva al Pozzo Sacro, di età ellenistica,è forse dedicato ad Ermes come fanno pensare le lettereè greche Ηè Ρ (eta – rho) incise su uno sperone roccioso. èPercorrendo la via di Porta Rosa, èpossiamo visitare leè Terme Adrianee (II sec. d.C.) dove sono visibili vari ambienti del calidarium e la sala del frigidarium, decorata da uno splendido mosaico con tessere in bianco e nere che raffigurano animali e mostri marini. Continuando la salita a destra troviamo, invece, la cosiddetta agorà di recente interpretata come un santuario dedicato ad Asclepio, divinità medica e guaritrice, che si distribuisce su almeno tre livelli di cui quello inferiore presenta un ampio corpo rettangolare, circondato su tre lati da un porticato e decorato all’ingresso con una fontana. L’edificio pubblico, datato al II sec. a.C., usufruiva l’acqua della sorgente Hyele che troviamo più in alto, dove in età ellenistica viene costruito un complesso termale èdi cui si conservano un ambiente riscaldato in cui sono visibili i sistemi di conduzione del vapore, un’ampia vasca di forma rettangolare per il bagno caldo e un vano per piccole vasche di terracotta,è destinate al bagno individuale in posizione seduta. La via di porta Rosa arriva in una grande gola che permetteva il passaggio verso il Quartiere meridionaleè nonè ancora esplorato. Ci troviamo in un vero e proprio valico artificiale doveè negli anni ’60 èMario Napoli ha trovato la èPorta Rosa (B), splendido esempio dell’utilizzo dell’arcoè da parte dei Greci.

Salendo verso l’Acropoli (C), troviamo il più antico abitato di Velia (VI sec. a.C.), di cui sono visibili i resti di abitazione allineate lungo una strada, abbandonato ed obliterato nel V sec. per permettere di costruire edifici pubblici, civili e religiosi. èèDi essi sull’acropoli sono parzialmente conservatiè un teatro, costruito in età romana sui resti di un altro più antico, un tempio, di cui sono sconosciute la datazione e la divinità a cui era dedicato, e un edificio con fronte porticata funzionale alle esigenze religiose. Gli edifici dell’acropoli sono stati danneggiati nel medioevo quando viene costruito un castello. Di questo periodo si conservano la Torre angioina, resti di mura e due chiese, la cappella Palatina e la chiesa di Santa Maria, che ospitano dei piccoli ma esaurienti antiquaria. Partendo dall’acropoli è possibile seguire un suggestivo itinerario che si sviluppa lungo il crinale della collina permettendo di visitare piccole aree sacre con edifici di età ellenistica e tratti della coeva cinta muraria.

Santuario San Gerardo Maiella

Escursione di puro impatto religioso ed emotivo, il santuario di San Gerardo Maiella è meta di riferimento di tantissimi pellegrini provenienti dalla Campania e dalle regioni limitrofe, nonchè da turisti esteri. Situato a meno di 20km dal nostro centro termale è una bellissima tappa da non perdere.

Figlio di un modesto sarto di nome Domenico e di una donna del popolo di nome Benedetta Galella, Gerardo Maiella era originario di Muro Lucano (PZ) dove nacque nel 1726. Dopo la prematura morte del padre entrò al servizio del vescovo di Lacedonia, mons. Claudio Albini. Morto questo prelato, Gerardo, che già avvertiva da molto tempo la chiamata del Signore alla vita religiosa, cercò invano di essere ammesso tra i frati cappuccini della sua città natale, a causa della sua salute cagionevole.

Nel 1748 ebbe modo di conoscere un gruppo di sacerdoti redentoristi impegnati in una missione popolare nella sua Muro e, contro il parere della madre, si unì alla nuova famiglia religiosa. Scappato di casa grazie all’aiuto di un lenzuolo usato a mo’ di fune per calarsi dalla finestra e lasciato un biglietto alla madre nel quale aveva scritto “mamma, perdonami, vado a farmi santo”, Gerardo si unì alla compagnia dei missionari redentoristi dai quali, solo dopo molte insistenze, fu accettato.

Lavoratore instancabile, nonostante la sua fragilissima salute che, dapprincipio, aveva reso i superiori restii ad ammetterlo nella Congregazione, Gerardo si contraddistinse sempre per il suo spirito di penitenza e per una giocondità d’animo non comuni. Il 16 luglio 1752, festa del Santissimo Redentore, pronunciò i voti solenni nella Congregazione Redentorista fondata da Sant’Alfonso Maria de’ Liguori nel 1732: nei conventi dove fu destinato si dedicò alle mansioni più umili senza trascurare la preghiera e la penitenza. I fedeli lo ricordano dotato del dono dei miracoli; nella sua breve esistenza i fatti prodigiosi raccontati e legati alla sua persona furono tanti e tali da meritargli in vita la fama di taumaturgo. Tra i tanti presunti miracoli si raccontano estasi, bilocazioni, scrutazione dei cuori, moltiplicazione dei viveri e guarigioni.

Fra i tanti ne citiamo alcuni. Anzitutto il miracolo del mare avvenuto a Napoli: in località Pietra del pesce una folla urlante assisteva agli inutili sforzi di alcuni marinai che, nel mare in tempesta, cercavano inutilmente di salvarsi. Accorso Gerardo sul luogo, subito, fattosi il segno della croce, iniziò a camminare sul mare e, afferrata la barca «con due ditelle», come raccontava ingenuamente lui a Materdomini ai confratelli, come se la cosa fosse normale, la trascinò a riva. Un altro miracolo degno di nota è quello relativo alla moltiplicazione delle derrate in occasione della carestia del 1754. In quell’inverno a Caposele molti erano coloro che, costretti dalla penuria di alimenti, bussavano alla porta del collegio redentorista. Gerardo, per sfamare tutti, vuotò letteralmente le dispense che, miracolosamente, si riempivano di pane e di ogni ben di Dio.

Amico dei poveri e dei contadini, Gerardo, che negli ultimi anni faceva il questuante, riscosse negli ambienti popolari un’ammirazione straordinaria. Si narra, infatti, che quando passava di paese in paese, ali di folla lo aspettavano sui margini delle strade per avere la sua benedizione o per vedere soltanto questo umile fraticello che, sempre col sorriso, si sforzava di salutare tutti. Ricchi, poveri, nobili, borghesi, umili facevano a gara per poterlo ospitare e godere della sua presenza. Era conosciuto come il padre dei poveri – così lo chiamavano – l’Angelo e l’Apostolo della Valle del Sele, che ancora oggi si gloria di custodire i suoi resti mortali nel Santuario eretto sulla sua tomba in Materdomini. Gerardo conservò sempre la sua encomiabile umiltà e la fede nell’obbedienza alla volontà di Dio manifestata dai suoi superiori.

Il suo animo umile brillò particolarmente nell’episodio della calunnia. Il fatto si verificò nel 1754: accusato ingiustamente da una certa Nerea Caggiano di avere avuto una relazione con lei, Gerardo non replicò e rimase in silenzio per un mese, subendo pazientemente le gravi sanzioni dei suoi superiori; finalmente la Caggiano, pentita, confessò di aver detto il falso, scagionandolo. Lo stesso Sant’Alfonso in quella occasione ne lodò l’ammirevole pazienza mostrata nella triste vicenda. “La fede mi è vita e la vita mi è fede” e “volontà di Dio in cielo, volontà di Dio in terra”, soleva dire e, soprattutto, osservare.

Gerardo Maiella oggi è universalmente invocato come protettore delle donne incinte. La leggenda narra che poco prima di morire aveva fatto finta di dimenticare, a Oliveto Citra, un suo fazzoletto presso la casa di una famiglia che l’ospitava. Una bambina, allora, gli corse dietro per restituirglielo, ma Gerardo le disse di tenerlo perchè un giorno le sarebbe servito. Passati alcuni anni – Gerardo era già morto – la bambina, diventata sposa, gridava per le doglie del parto. I medici la davano per spacciata. Giunta quasi in fin di vita, si ricordò² del fazzoletto di fratel Gerardo e volle che glielo posassero aperto sulla pancia. Appena ricevutolo, i dolori cessarono e la donna diede alla luce senza alcuna difficoltà il suo primo figlio.

Morì di tisi nel convento redentorista di Materdomini di Caposele all’età di 29 anni, il 16 ottobre 1755, dopo un breve periodo trascorso a letto durante il quale, si dice, non mancarono i fatti prodigiosi. Sempre secondo la leggenda la mattina dopo la morte del Santo, il fratello laico incaricato di suonare la campana a morto per dare l’annuncio funebre, fu preso da una forza misteriosa nelle braccia le quali, sottratte alla sua volontà, suonarono a festa le campane, dando così l’annuncio gioioso della nascita al cielo di Gerardo. La chiesetta dove il suo corpo venne esposto fu subito presa d’assalto da una moltitudine di gente venuta dalla vicina Caposele e anche da lontano, avvertita quest’ultima della morte del Santo.

Nonostante la sua causa di beatificazione fosse iniziata tardi (a 80 anni dalla morte) per diverse ragioni, continuo e crescente è stato nel corso del tempo il numero di coloro che hanno invocato il patrocinio di Gerardo. Per questa fama sanctitatis sempre viva e mai assopita, papa Leone XIII lo dichiarò² beato il 29 gennaio 1893; fu poi canonizzato da papa Pio X l’11 dicembre 1904. Una petizione firmata da migliaia di fedeli e centinaia di vescovi è stata presentata al Papa per far proclamare solennemente Gerardo Maiella patrono delle mamme e dei bambini per tutta la Chiesa Universale.

Il culto del Santo è presente in diverse parti del mondo, ed è particolarmente vivo nelle zone da lui visitate come Deliceto, i paesi della provincia di Avellino, tra i quali Lacedonia e Materdomini, che ne conserva le spoglie mortali, e ancora Corato (dove ne è compatrono), Muro Lucano, Vietri di Potenza, Pescopagano, Potenza, Monopoli, Molfetta, San Giorgio del Sannio; un suo santuario si trova pure nel territorio del comune di Piedimonte Etneo e vi è un ulteriore santuario a lui dedicato a Sant’Antonio Abate, paese di cui è compatrono e dove è stato fondato, nel 1930, l’ordine delle Suore Gerardine di Sant’Antonio Abate. A Lanzara dall’aprile 1903 è attiva l’Associazione delle Gerardine[1]. Il culto si è diffuso in maniera capillare anche in Europa, Oceania e America. Numerose, infatti, sono le chiese, gli ospedali e le Case a lui dedicate. Incessanti i pellegrinaggi alla sua tomba: si calcola che più di un milione di pellegrini vi si recano ogni anno per venerare le sue spoglie mortali. Il suo Santuario è particolarmente frequentato dalle giovani mamme. A tal riguardo degna di nota è la bellissima Sala dei fiocchi, le cui pareti e il cui soffitto sono ricoperti da migliaia di fiocchi rosa e celeste che le mamme, in segno di ringraziamento, hanno nel corso degli anni donato al Santo.
Il Grande spettacolo dell’Acqua

La vita di San Gerardo Maiella è rievocata, dal 2005, attraverso uno spettacolo intitolato Il Grande spettacolo dell’Acqua – Gerardo Maiella il Santo del Popolo, uno spettacolo di luci, suoni, teatro e danza che viene rappresentato in estate a Monteverde, località dell’Irpinia.